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GENESI

 

IL LIBRO DELLA GENESI RECITATO E ILLUSTRATO

MOSTRA A POSTIOMA DI PAESE

invito

 

da La Vita del Popolo, domenica 2 novembre 2014

 

RIFLESSIONE. Rileggere la "Genesi" con gli acquarelli di Luciano Furlanetto.

 All'inizio della nostra storia

 

 Di lui hanno scritto che la sua produzione artistica va ben oltre il tratto grafico che la anima. Oltre l'ispirazione che l'ha generata, come ubbidisse - è l'eterna meraviglia dell'arte - a sollecitazioni che non conoscono la quotidianità e si sottraggono al tempo.... Ci ha lasciato da poco Luciano Furlanetto, ma ci manca. Ci manca tanto l'uomo con il suo entusiasmo tutto scautistico, la sua fantasia fervida e generosa, il professore che ha fatto dell'arte la ragione profonda della sua esistenza sino a trasformarla in uno strumento privilegiato per leggere la vita, per ascoltarne i battiti e le movenze, in una via d'accesso alla conquista di interiorità più profonda.

 

I soggetti religiosi che hanno scandito la sua ricerca artistica - la "Via Crucis" in terra cotta che si ammira nella chiesa del Sacro Cuore a Treviso, gli affreschi che campeggiano nella Chiesa Parrocchiale di S. Floriano ad Olmi di San Biagio di Callalta, il grande pannello in ceramica con "il Risorto, la Vergine e San Floriano", ma anche le altre opere meno note presenti in gallerie private e pubbliche - sono felici corollari dei 238 acquarelli che illustrano il Libro della Genesi e degli altri 280 che raccontano il Vangelo secondo Matteo.

 

 Sono momenti legati da un unico filo conduttore che delinea un percorso che non è soltanto artistico, ma personale, intimo, interiore, nutrito di silenzio creativo e profonda meditazione. Sono tessere di un puzzle che compongono una mappa mediata da un continuo dialogare con la Parola che non muta, perché composta da sillabe eterne che Luciano Furlanetto traduce in immagini leggere ed essenziali, profondamente tenui e delicate. Così la lettura che della Genesi dà Furlanetto, riesce davvero a cogliere l'essenziale di una narrazione che sta all'origine della nostra storia del mondo e al vissuto di noi credenti, quasi a sollecitare, in chi ne osserva i tratti, l'avvio di scoperta di segni nascosti, di significati reconditi che l'immagine e il colore, delicatamente, impongono e suggeriscono. Il genio e la fantasia creativa di Furlanetto, il suo personalissimo ed originale linguaggio artistico coinvolgono l'osservatore sino a rapirlo e invitarlo a completare immagini talvolta appena abbozzate, fragili nella loro consistenza architettonica, delicate nel segno che le anima, anche quando raccontano la drammaticità di scene angosciose.

 

 L'occasione per ammirare gli acquarelli che Luciano dedica alla Genesi ce la offre la bella mostra pensata per la settecentesca chiesa di Postioma di Paese che vedrà la sua inaugurazione il prossimo 8 novembre alle 20.30, per proseguire nelle ore pomeridiane delle domeniche 9, 16, 23. Una rassegna che darà anche modo di ammirare i tesori di questo gioiello artistico che conserva le quattro grandi tele del veneziano Canal e regala al visitatore tra gli altri tesori anche i quattro monocromi ovali dedicati alle tre Virtù teologali e alla Pazienza. Una degna cornice per far posto agli acquarelli di un artista amato e compianto, del quale tutti hanno ammirato e continuano ad ammirare l'immaginazione e l'abilità narrativa, «la grafia stilizzata che permette una lettura veloce delle scene», come ha sempre sotto-lineato la critica artistica. (Mario Cutuli)

 

   Omaggio floreale alla signora Laura Furlanetto

La tecnica utilizzata. L’autore ha, da principio, disegnato le varie scene su fogli bianchi di formato 13x16 con penna a inchiostro di china. Successivamente ha passato i disegni allo scanner convertendoli in immagine elettronica. In questo modo ha avuto la possibilità di impaginare l’intera opera unendo il testo alle immagini e di riprodurre il tutto a mezzo stampante laser. Ha ottenuto, così facendo, la prima stampa in bianco e nero dell’intero volume. Il talento e la fantasia di Luciano Furlanetto si sono poi espresse nella colorazione ad acquarello dei disegni, uno ad uno. Questo ha richiesto assoluta precisione non essendoci, in questa fase, possibilità di errore. La copia, unica e di grande pregio, realizzata in questo modo per illustrare il Libro della Genesi è ora esposta in questa sede.

Il prof. Lino Bianchin presenta l'artista.
 

Quando penso a Luciano la memoria mi rimanda ai suoi ultimi giorni. Seppure costretto a letto dalla gravità della malattia, teneva matite, pennelli ed i suoi amati colori ad acquerello sul ripiano appoggiato alla coperta. Agli amici che andavano a trovarlo appariva concentratissimo a disegnare e dipingere. Era perfettamente cosciente dei pochi giorni che gli rimanevano e pur tuttavia lavorava fino a quando le forze lo sorreggevano per dipingere la Resurrezione. Non una tavola, ma tutti gli episodi raccontati dai vangeli che hanno attinenza con il grande tema.
Riteneva che il racconto di una singola vicenda non potesse esaurire la complessità del messaggio in essa celato. E’ ciò che vediamo qui in questa esposizione. Non sono illustrati solamente alcuni dei fatti raccontati nel libro della Genesi, ma assolutamente tutti, in una serie di 238 acquerelli. Luciano ci fa pervenire in questo modo il suo messaggio che invita il visitatore a considerare la Parola di Dio nella sua interezza. Niente di essa va trascurato perché tutto va conosciuto e meditato da chi si vuol avvicinare alla Verità.
Ha certamente avuto anche una vita normale fatta di lavoro, affetti, impegno sociale.
(Treviso 1939). Diplomatosi presso il Liceo Artistico di Venezia, ha frequentato l’Accademia di Venezia con il maestro Cesetti. Ha insegnato materie artistiche per trentasei anni nelle scuole di Treviso.
Sue opere si trovano presso collezioni private e pubbliche. In particolare sono da segnalare:
La “Via Crucis” in terra cotta nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Treviso e, nella Chiesa Parrocchiale di S. Floriano agli Olmi di San Biagio di Callalta, i due affreschi di grande dimensione rappresentanti “Il Credo” e l’ “Eucaristia e sue profezie nell’Antico Testamento”, un grande pannello in ceramica con “il Risorto, la Vergine e San Floriano”, la “Via Crucis” in ceramica monocroma e la pavimentazione della corsia centrale con i “33 simboli del percorso della salvezza”.
Ha collaborato ad illustrare i libri “Treviso nostra” e “Castelli e famiglie gentilizie del trevigiano in età comunale” dello storico Prof. Giorgio Renucci. Ha curato la pubblicazione “Chiesa Parrocchiale di S. Floriano agli Olmi – le decorazioni 1990-1991”.
Fu, anche, stimato Designer ( allestimenti di fiere, negozi …) ,
Ma la sua vera passione è raccontata dalle opere dipinte ad acquerello, senza dimenticare la sua frequentazione in altre tecniche, affresco e terra cotta.
Di lui sono da conoscere altre nobili qualità. I riferimenti sono rivolti all’insegnante apprezzatissimo da alunni, colleghi e genitori, al Capo Scout che mai si è sottratto da impegni di sempre maggiore responsabilità fino ad essere posto alla guida come capo nazionale gli Scouts d’Europa superando le innumerevoli difficoltà rappresentate da un’associazione che stava allora nascendo, al cittadino impegnato nella riscoperta e nella valorizzazione della storia di Treviso (è tra i fondatori della Società Iconografica Trevigiana), al marito e al padre davvero esemplare dedicatosi alle attività formative che coinvolgevano giovani famiglie.
Rendiamo oggi onore all’artista, all’insegnante, al capo scout, ma soprattutto all’amico fedele, disponibile e saggio che ha saputo ben coniugare semplicità e profondità nei rapporti che ha intrattenuto con chi ha avuto la fortuna di incontrarlo.
La fondazione Feder Piazza, che qui rappresento, è orgogliosa di aver collaborato, con l’allestimento di questa mostra, seguito di altre esposizioni dedicate ai vangeli di Luca e Matteo, a rendere il dovuto ossequio ad una persona che molto ci ha donato e che avrà un posto significativo nel nostro ricordo. Confidiamo che questi non rimangano episodi isolati e cercheremo in futuro di far conoscere tutte le altre produzioni dell’artista riguardanti il libro dei Salmi, il Cantico dei Cantici, l’Apocalisse …
Gli acquerelli dedicati da Luciano Furlanetto al libro della Genesi son ora raccolti in una pubblicazione edita da ADLE Edizioni di Padova.


GENESI

Acquerelli di  Luciano  Furlanetto

Presentazione di Ermenegildo Guidolin


Questa sera, dopo la presentazione degli acquerelli ispirati al Vangelo di Matteo avvenuta nel Battistero del Duomo di Treviso e la serata tutta scout nella parrocchia del S. Cuore, è un’altra occasione per ricordare Luciano Furlanetto, un uomo vivo non soltanto nelle sue opere, ma in se stesso. Spesso, quando ci viene a mancare una persona che amiamo e che ci ha amati, usiamo l’espressione: - lascia un vuoto! Nel caso di Luciano, ci ha lasciato un “pieno di immagini, di figure, di ricordi, di esperienze, di iniziative… di vita”. Del resto, i morti sono meno morti di quanto pensiamo; siamo noi vivi a non accorgerci quanto non siamo del tutto vivi e quando non lo siamo affatto.
Come per gli acquerelli dedicati al Vangelo di Matteo, osservammo come essi facessero emergere tutta l’umanità del messaggio di Gesù, come lo stupore della creazione artistica ci aiutasse a cogliere ciò che ci eleva alla pienezza dell’umano, oggi gli acquerelli scaturiti dal libro della Genesi ci fanno incontrare il grande racconto che è costitutivo dell’autocomprensione del popolo d’Israele, e poi della Cristianità. Illuminanti alcune osservazioni di Marc Chagall; in una pagina autobiografica, intitolata “Il mio ritorno alla Bibbia”, si domanda: qual è l’artista che non si sia ispirato alla Bibbia? “Ma io vedevo i miei antenati per la prima volta, e mi sembrò che il mio colore fosse il loro colore, le mie facce fossero le loro facce […] “Né Shakespeare, né Dante, né Cervantes, nessuno è arrivato all’altezza poetica, artistica e morale della Bibbia” […] “Sebbene questo sia un libro che gira per il mondo in milioni di copie, il sogno che contiene è come se fosse sotto chiave, sommerso nelle lacrime di millenni. “Promette una libertà diversa, un altro senso della vita…” (vedi Luoghi dell’Infinito, n.189, novembre 2014). La Storia della Salvezza si è espressa sul piano letterario in un grande racconto che va dalla Genesi all’Apocalisse. E Luciano è entrato in dialogo con la Bibbia (Genesi, Esodo, Numeri, Cantico dei Cantici, Scritti degli Apostoli, Apocalisse) attraverso una narrazione figurativa di personaggi, di situazioni, di eventi mediante i quali l’artista illumina la propria esperienza religiosa e ricerca la propria identità di credente.
Nel gennaio del 2008, presentando la sua Genesi, con divertita ironia scriveva: “Un libro all’anno! Quando nel 2078 compirò 139 anni, avrò completato questa lettura”.

Si potrebbe dire di Luciano: “Ha avuto da Dio due doni: la fede e la poesia dell’arte”. Dandogli la fede, gli ha imposto di cantarla/disegnarla tutti i giorni; e lui per anni attuò inconsciamente con il suo lavoro artistico, un motto della tradizione ebraica mistica, che invitava il fedele “a un canto ogni giorno, a un canto per ogni giorno”.
Alcuni versi di David Maria Turoldo rendono bene il senso di questo canto:

“E la quiete dell’anima
e la discesa nelle profondità,
e sentirti morire
di gioia
nella notte”.

“Genesi” è il primo libro della Bibbia, che in cinquanta capitoli narra la creazione del mondo e dell’uomo, il primo peccato, l’uccisione di Abele, Noè, il diluvio, la torre di Babele, la vocazione di Abramo e la sua vita in terra di Canaan, la distruzione di Sodoma e Gomorra, la nascita e il sacrificio di Isacco, il ciclo di Giacobbe, Israele e di Giuseppe, l’ebreo divenuto egiziano.
Questa elencazione di contenuti non è per ricordare nomi e vicende, ma per trasferirci nella sequenza di immagini create dall’artista partendo dal testo.
Avviene per noi, che le immagini suggeriscono il testo e il testo rinvia alle immagini; avviene una doppia lettura, una doppia comprensione che si fa interpretazione e immedesimazione.
Si compie una costante “incarnazione”, perché il racconto pittorico costruisce una visibilità che corrisponde al nostro universo sensibile e carnale, all’esigenza di toccare con mano. L’immediatezza delle immagini, con la loro essenzialità realistica e la delicatezza dei colori, trova nel disegno il proprio elemento catalizzatore: disegno e colore trovano la loro perfetta fusione, incontrando e perfezionando la nostra sensibilità, i nostri sentimenti, la nostra apertura alla Storia della Salvezza. L’arte, in Luciano, diventa esperienza di Grazia, comprensione emozionata, attrazione interpersonale con il divino, presente nella storia narrata e fluente negli acquerelli.
Ci soffermiamo solo sulla Creazione per l’importanza che questa idea (concetto, rivelazione) ha avuto nella cultura e nell’arte in tutte le sue espressioni. Filosofia, teologia, scienza, poesia, arte si sono costantemente interrogate sulla Creazione.

Accenniamo a qualche motivo.
La Filosofia non può decidere. Che il mondo abbia avuto inizio è assolutamente indimostrabile. Questa questione filosoficamente è indecidibile, anche per Tommaso d’Aquino. E’ soltanto per fede che possiamo credere che il mondo abbia avuto un inizio e la teologia non può fare altro che giustificare la ragionevolezza di questo assunto. La teologia può rendere plausibile, cioè dimostrare che non è assolutamente contraddittorio, credere che il mondo abbia avuto un inizio.
Scrive Joseph Ratzinger: “Il racconto della creazione si rivela come ‘l’illuminismo’ decisivo della storia, l’esodo dalle paure che avevano attanagliato l’uomo. Significa la consegna del mondo alla ragione, il riconoscimento della sua razionalità e libertà” (Cfr. “E vide che era cosa molto buona” a cura di Andrea Bellandi, Sandro Chierici, Eugenio Dal Pane. - Libreria Ed. Vaticana – Mostra itinerante ideata e prodotta da Itaca Società Editrice.)
Il secondo aspetto è chiedere chi abbia dato origine al mondo. Anche qui la posizione può essere soltanto una posizione di fede. Che un Dio personale, il Dio di Abramo abbia dato inizio al mondo, rimane una posizione estranea ad ogni possibile discorso filosofico. La filosofia non può far altro che spiegare che cosa quest’idea comporti: l’idea di una Creazione volontaria del mondo da parte di un Ente Supremo ha delle conseguenze determinanti per tutta la nostra cultura e civiltà. Quali? L’idea di fare, la nostra idea di creare. Noi riteniamo che il fare, nella sua quintessenza, sia trarre qualcosa dal niente all’essere e che, tanto più siamo liberi, quanto più sappiamo trarre qualcosa. Questa idea grandiosa della Creazione dal nulla da parte di un Dio personale ha impregnato tutta la nostra concezione del fare: dal fare tecnico-scientifico che guarda ogni ente come suo prodotto fino alla concezione che si fonda sulla testimonianza di fede per cui il nostro fare – in quanto siamo simili all’Ente Supremo che ha creato il tutto – deve comunque rivelarsi simile a quel fare.
La scienza non parla di Creazione. La scienza non ha verità, a differenza di quello che dicono molti; la scienza è ricerca, è sostanzialmente umile ricerca. E’ la lotta dell’uomo per capirci sempre di più. Nella scienza si hanno dei modelli che interpretano quello che noi oggi sappiamo.
Una delle più belle cose che abbiamo a Padova è il battistero del duomo con pitture di Giusto de’ Menabuoi che ha dipinto l’universo. Quell’affresco rappresenta quel che si capiva allora dell’universo, così come il Big Bang è la miglior teoria, il miglior modello che sappiamo produrre oggi sulla base delle nostre osservazioni e conoscenze. La visione del mondo del pittore del ‘300 ha la stessa dignità scientifica e culturale del nostro Big Bang.
Per le arti e la poesia, la Creazione è una cosa così grande da non potersi definire, anche perché tutte le opere d’arte sono Creazione e, per l’artista ogni opera resta un mistero.

Ogni canzone, ogni secondo di musica ha una sua genesi e la possibilità di ricerca è infinita. “La Creazione” di Franz Joseph Haydn, ad esempio, è un brano sinfonico, un grande oratorio, che sviluppa questo tema.
Una poetessa, Alda Merini, scrive: “Come poeta, vedo la Creazione come una grande favola dell’amore divino. Una bella favola, enorme, fantastica. Nell’uomo si può trovare l’impronta divina; è chiaro che non si può vedere Dio per la strada, però si vede nella Creazione. C’è l’impronta di Dio dappertutto. Questa è la mia idea. Quando scrivo sono felice di scrivere e basta, non mi domando né da dove venga né dove vada la poesia. E’ un dono e mi lascio un po’ invadere dalla poesia. Il poeta si lascia invadere da questo amore, la poesia è anche amore, amore dell’uomo e del creato”.
Luciano, fino agli ultimi giorni, la pensava così a riguardo della sua arte. Per questo, già a Treviso, ricordavo il verso di Hölderlin: “Poeticamente l’uomo vive il mondo”. E Luciano, con la sua presenza e la sua attività artistica, me lo faceva ricordare sempre. Ciò che scaturisce, guardando anche questi acquerelli della “Genesi”, è stupore, gioia. La gioia è un altro dei nostri sensi, molto sviluppato nei bambini, ma che viene piano piano sottratto proprio dagli adulti che spesso la confondono con la felicità che – come sappiamo – è fugace e transeunte. Eppure, non si dà vera opera d’arte, se essa non ha saputo radicarsi nella gioia di cui è intrisa l’essenza dell’artista.
Disegnare e colorare era, per Luciano, pensare, vivere, pregare. Egli concepiva l’arte come un’inclinazione verso la luce della conoscenza e la bellezza della creazione.
Affidiamoci, quindi, a questa gioia e cominciamo a guardare.
Leggendo la Genesi e seguendola attraverso gli acquerelli di Luciano, incontriamo molti nomi: Adamo ed Eva, naturalmente, Caino e Abele, Noè, Abramo, Sara, Agar, Lot, Melkisedek, Ismaele, Isacco, Rebecca, Labano, Esaù, Giacobbe… Qui è solo un elenco, ma l’artista – in un momento storico in cui scompare il valore identitario del soggetto per diventare il luogo dell’artificio, maschera umana replicata, volto di burattino esistenziale – si sofferma sulle vicende di ciascuno, sul ruolo affidatogli dal Signore e sul destino che lo attende. Ricupera così, con la poesia dell’arte, il volto concreto dell’uomo e della donna, la consistenza reale della persona.
La valenza culturale di una mostra, come di ogni altra iniziativa, consiste nel portare l’uomo e la donna ad interrogarsi sempre più su se stessi, sulla propria essenza, sulle proprie scelte esistenziali, sulla propria immagine.
Nella società della comunicazione, l’uomo vive in uno stato di allucinazione visiva – come accecato dalla luminosità dell’immagine che la velocità gli restituisce. Incapace di leggere e interpretare la visione, l’uomo guardandosi allo specchio non si riconosce o addirittura non si vede più. Dopo l’arte, dopo Dio, anche l’immagine dell’uomo è morta, nella sua assoluta originarietà e unicità. L’identità visiva dell’uomo contemporaneo che aderisce a modelli imposti dalla dittatura delle immagini, subisce i processi di omologazione che, per l’appunto, uccidono la meravigliosa soggettività dell’uomo.
Questa lettura del presente è semplicemente realistica, senza illusioni; ma lascia spazio alla consapevolezza che ne abbiamo e alla domanda: Ha ancora senso, in quest’epoca, la poesia dell’arte? Risposta: Forse ha ancora più senso per riprenderci l’umano con la sua profondità e la sua bellezza, con l’incessante ricerca della sua verità.

 

 

       

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